di FRANCESCO FILARETO - Dal 26 settembre 1004 sono trascorsi 1.014 anni dalla dipartita, a Grottaferrata, di S. Nilo di Rossano (“ ? ?γιος Νε?λος ? Ν?ος ”, San Nilo il Giovane), “il più illustre figlio di Rossano” (Fracois Lenormant): asceta, santo, intellettuale organico, profeta, dalla lunga e operosa vita (novantaquattro anni ! …, nonostante i tempi drammatici e nonostante le privazioni, le sofferenze, il costante migrare e un attivismo senza sosta e risparmio di energie).
Numerose sono le tappe del suo pellegrinaggio terreno:
a) La I tappa è Rossano, dove nasce nel 910 da famiglia aristocratica, imparentata con i Basileis (Imperatori) di Bisanzio (probabilmente i Maleinos , “ Μαλε?νος ”), nel cuore della Grecìa (il quartiere orientale bizantino più antico), sulla Piazza San Nico (diminutivo di Nicola, il suo nome di battesimo), che è la prima Piazza o Agorà (“?gor? ”) di Rossano, dove ancora si conserva il primo nucleo del suo palazzo (secondo tradizione consolidata); nella sua città natale vive per i primi trent’anni della sua esistenza, fino al 940, e dove si costruisce una solida e vasta cultura (greca, latina, araba) nelle Scuole presso la prima Cattedrale della città, dedicata a Santa Maria Theotòkos (“? ?γ?α Μαρ?α Θεοτ?κος ”) o Méter Theù (“? Μ?τηρ Θεο? ”) di Santa Maria della Pace (“ ? ?γ?α Μαρ?α ? Ε?ρ?νη”); si forma una famiglia, con moglie e una figlia (930); vive gli agi e i privilegi della sua condizione sociale e partecipa al governo di Rossano;
b) La II tappa, che copre circa 13 anni, dal 940 al 952/953, si svolge tra la zona ascetica del Mercurion (“ Merk?rion ”) sulle pendici dei monti Pollini, la fuga nel Monastero di S. Nazario nel Salernitano, dove soggiorna per poco tempo, e il ritorno sul Mercurion: nel 940, a trent’anni, sente la forte chiamata del suo Dio, che lo chiama alla “fuga mundi” e alla scelta esclusiva e radicale di dedicarsi a Lui, perciò rinuncia a tutto (ricchezza, potere, privilegi, famiglia, città natale) e si fa monaco eremita o anacoreta presso l’Oratorio di S. Michele Arcangelo del Mercurion, dove alterna il più rigoroso ascetismo, lo studio e la trascrizione delle opere della sapienza cristiana e antica in centinaia di codici di eccellente fattura e in elegante scrittura niliana, alcuni dei quali ci sono pervenuti;
c) La III tappa, che si svolge, in circa trent’anni dal 952/953 al 982, è vissuta da S. Nilo tre la Montagna Santa o Aghion Oros (“ ? ?γιον ?ρος ”) o zona ascetica di Rossano e il Monastero di S. Adriano (“ Τ? Μοναστ?ριον το? ?γ?ου ?dri?nou ”) nell’attuale cittadina di S. Demetrio Corone, da lui fondato: mentre alterna il suo soggiorno e la sua attività religiosa e pratica tra le due aree del territorio della Calabria del Nord-Est riforma il Monachesimo calabro-greco cosiddetto “basiliano” in senso eremitico-cenobitico e in senso contemplativo-operativo; fonda, nella sua città, i Monasteri di “S. Maria Anastasìa” (“Τ? Μοναστ?ριον τ?ς ?γ?ας Μαρ?ας ?ναστασ?ας ”), oggi S. Marco, di “S. Giovanni Battista” (“Τ? Μοναστ?ριον το? ?γ?ου ?ω?ννης Βαβτ?στας”) o “Santu Janni”, di “Gesù Cristo il Salvatore” (“Τ? Μοναστ?ριον το? ?ησο? Χριστο? Σωτ?ρος ”), dell’ Arenario” (“Τ? Μοναστ?ριον το? ?ριν?ριυ”) o di “S. Opoli”, tutti nella zona montana di Rossano, e quello succitato di “S. Adriano”; intrattiene rapporti con i potenti del suo tempo (il principale consigliere del Basileus di Bisanzio parakimòmenos Giuseppe Bringas, lo Stratego di Rossano e della Calabria Basilio, il Giudice Imperiale Eufràsio, l’Emiro saraceno e musulmano di Palermo Abùl el Kasém, il Metropolita della Calabria Teofilatto ecc.), rifiuta per umiltà il Vescovato di Rossano (976), soccorre i poveri e gli indifesi, condivide le sofferenze dei suoi concittadini durante un grave terremoto (970), salva dalle spietate ritorsioni del Magìstros dell’Italia bizantina Niceforo Foca Hexakionites (976) la sua città e la sua gente, resesi protagoniste della distruzione della flotta bizantina nel porto-arsenale di Rossano, noto con il nome di Ruskìa o Ruskiané (“ Ρουσκ?α ”, “ Ρουσκιαν? ”);
d) La IV tappa si svolge presso il Principato di Capua, prima, e poi presso Montecassino (982 - 994): quando Rossano passa sotto il dominio del Sacro Romano Impero Italo-Tedesco (981-982) e ospita l’Imperatore Ottone II di Sassonia, con la sua Corte (e la moglie Teofania e il figlio Ottone III) e il suo esercito (poi sconfitto dai Saraceni a Stilo), S. Nilo lascia, poco dopo, la sua terra ed emigra nella regione latina della Campania, prima a Capua e, poi nel territorio del Monastero benedettino di Montecassino, dove fonda il Monastero di S. Michele Arcangelo di Vallelucio (ora S. Elia Fiumerapido), con oltre 60 monaci, tra i quali il concittadino Bartolomeo, suo discepolo prediletto, autore del “ Bìos” (“ Β?ος κα? πολιτε?α το? ?σ?ου πατρ?ς ?μ?ν Νε?λου το? Ν?ου ”) o “Vita di S. Nilo”, con-fondatore della Badia di Grottaferrata;
e) La V tappa si svolge tra il Ducato di Gaeta, dove fonda il Monastero di Sèrperi o Seràpide o Sàrapo, e Roma (994 - 1004), dove trascorre gli ultimi dieci anni della sua vita: da Gaeta si sposta a Roma (998) per incontrare Ottone III di Sassonia, Imperatore del Sacro Romano Impero (lo re-incontrerà a Sèrperi nell’anno 1000), il Papa Gregorio V, il Papa Giovanni XVI (Giovanni Filàgato, suo concittadino e amico);
f) La VI e ultima tappa si svolge, negli ultimi mesi della sua esistenza, presso Grottaferrata (primavera - 26/9/1004): dopo un soggiorno presso il Monastero greco di S. Anastasio alle tre Fontane a Roma, ottiene dal Principe Gregorio di Tuscolo il rudere della Cryptaferrata (dove verosimilmente sorgeva il Tusculanum di Cicerone) e il territorio circostante, presso i quali avvia la costruzione della Chiesa e del Monastero dedicati a S. Maria di Grottaferrata, che saranno ultimati da S. Bartolomeo nel 1024: muore al tramonto del 26 settempre 1004 (“… con il sole tramontò il sole”, scrive il suo biografo Bartolomeo) proferendo queste ultime parole: “seppellitemi nella nuda terra, perché i migranti possano riposarvi, in quanto anch’io fui migrante (xénos, “ x?noV ”) per tutti i giorni della mia vita”.
Nilo, a differenza dei tanti anonimi della storia, ha vissuto una vita intensa, ha lasciato segni incancellabili di cambiamento a servizio degli uomini-persone e, perciò, resta sempre vivo nella memoria individuale e collettiva, con una meta-storicità e un’attualità sconcertanti. Infatti, egli è stato riconosciuto, fin dal 1618, Com-Patrono di Rossano (insieme a Maria Theotokos Achiropìta), poi, nel 1958, anche Com-Patrono della Calabria (insieme a S. Bartolomeo di Rossano e S. Francesco di Paola), e la sua festa cittadina viene stabilita il 26 settembre (con Delibera Giunta Municipale n. 883 del 4-9-1989, promossa dallo scrivente). Inoltre, è Patrono di Grottaferrata, Patrono di Gaeta, e, dal 25-9-2012, “Cittadino gaetano benemerito” (“civis cajetanus”), al quale è dedicata, il 16-9-2010, l’omonima chiesa parrocchiale, che, il 16-9-2014, viene elevata a Santuario di S. Nilo (il primo in assoluto).
Nilo è l’uomo della testimonianza della scelta radicale, perché vivere non è lasciarsi vivere, lasciarsi trascinare dalla corrente conformistica delle mode e delle tendenze della propria epoca, ma imboccare la propria strada esistenziale, con la consapevolezza, con libertà e con la responsabilità che la vita è missione e servizio. Egli sceglie Dio, convinto che la fede è dialogo con l’Assoluto, amore personale e diretto, che richiede l’esclusività di quel rapporto e la rinuncia ai valori e dis-valori del mondo (status sociale, ricchezza, potere, famiglia). Ma la sua non è una fede devozionale, intimista, rituale e, perciò, egocentrica, egoista, estranea alla storia e all’umanità, bensì è la fede-agàpe, comunitaria, associata, solidale, condivisa, donata, è la fede-carità del farsi prossimo: non si ama né si serve il proprio Dio se non si ama e non si serve l’umanità di cui si è parte integrante. Egli ama e serve l’umanità dolente, quella che vive nel bisogno e nella marginalità, quella che subisce i soprusi dei potenti e dei prepotenti, quella della sua Rossano e del suo territorio per 40 anni, e quella della Campania e del Lazio per gli altri 24 anni.
Nilo è l’uomo della testimonianza della Riforma religiosa del Monachesimo, conciliando l’Anacoretismo del rapporto eremitico-personale-solitario uomo-Dio con il Cenobitismo del rapporto comunitario-solidale-condiviso uomo-Assoluto, la vita contemplativa o “bios theoreticòs” (“ ? β?ος θεορετικ?ς ”) con la vita operativa o “bios praticòs”, (“ ? β?ος πρακτικ?ς ”), il pensare o “léghein” (“ λ?γειν ”) con il fare o “pràttein” (“ πρ?ττειν ”), la fede con la vita. .
E’ il fondatore di diversi Monasteri, sopra ricordati. Questi Cenobi niliani, insieme ad altri del Sud Italia, sono protagonisti e artefici di cambiamento e rinnovamento in quei secoli drammatici. Infatti, sono i luoghi di intensa religiosità ascetica individuale e associata, di “metànoia” (“ ? met?noia ”) ossia di rinnovamento e perfezionamento spirituale fino alla santità; sono “Scriptoria”, ossia le case editrici ante litteram, dove oscuri amanuensi, trascrivendo gli antichi testi, salvano dalla distruzione e dall’oblio l’eredità delle Civiltà e delle culture laiche greche e latine; sono gli archivi delle memorie storiche precedenti attraverso la costituzione di grandi Biblioteche, fondamenti dell’Umanesimo-Rinascimento e delle future Civiltà; sono i centri economici e sociali in sostituzione delle città (in un mondo de-urbanizzato e ruralizzato), dove le popolazioni disorientate e terrorizzate trovano le condizioni e le opportunità di ospitalità, di lavoro, di vita; sono i soggetti sociali – gli unici in quel tempo - di difesa e protezione dei diritti elementari dei poveri e dei subalterni; sono le riserve di energie spirituali e morali alle quali la Chiesa attingerà nei secoli successivi e sulle quali costruirà il suo prestigio e la sua autorevolezza.
Nilo è l’uomo della testimonianza dell’importanza della Cultura, segnatamente nei periodi burrascosi e quando le coscienze individuali e collettive sono sbandate, perché la cultura è valore, risorsa, finalità: è valore perché in essa si esprimono i principi dell’Umanesimo (teista, laico, ateista), ossia la creatività, l’intelligenza, i sentimenti, l’autonomia critica, la vision della realtà e del futuro, il senso e il progetto di vita dell’uomo singolo e associato, in questi valori riconosciuti e condivisi si ritrovano comunità e popolo, perché essi ed essi soltanto fanno autentica coesione sociale e danno unità di identità, di appartenenza, di fierezza; è risorsa perché è in grado di produrre la risorsa economica immateriale più grande in assoluto, quella universalmente valida, quella che non è mai soggetta alle variabili del mercato, è il capitale umano, il capitale intellettivo, il capitale delle capacità e delle professionalità; è finalità di ogni ambizioso progetto di sviluppo endogeno e auto-propulsivo per l’oggi e per il domani, che punti su una società a misura d’uomo, più giusta, più eguale, più fraterna, più solidale, più pacifica, più rispettosa della vita e dell’ambiente.
Nilo è l’uomo della testimonianza della “Mediterraneità”, ossia della Civiltà e della cultura mediterranee greco-bizantine, che, arricchitesi e perfezionatesi nel Mezzogiorno d’Italia, in Calabria e segnatamente a Rossano, rappresentano il contributo originale, qualificante e il fondamento della Civiltà europea e contemporanea, sintesi di culture e sensibilità diverse.
Nilo è l’uomo della testimonianza dell’Unità e dell’Ecumenismo, impegnato costantemente, da Cristiano greco-bizantino, nel dialogo, mediante il rispetto e l’apertura, e tra eguali, con i credenti e le persone dei tre Monoteismi del Mediterraneo: i Cristiani latino-cattolici, i Musulmani-islamici, gli Ebrei-giudei. Il suo messaggio di appello all’unità e alla solidarietà tra diversi, ma aventi in comune principi e valori condivisi, oggi, in cui ritornano a spirare venti inquietanti di divisione e di odio, è di un’attualità cogente, che ci richiama alla responsabilità di trovare le ragioni dello stare insieme.
Nilo è l’uomo della testimonianza della profezia dell’Unità dei Cristiani, resa visibile con l’apposita fondazione del Monastero di “S. Maria di Grottaferrata” (con-fondato con il suo discepolo prediletto e concittadino S. Bartolomeo) quale luogo e laboratorio di idee, d’incontro, di dialogo, di sintesi tra le due anime del Cristianesimo, quella orientale-greco-bizantina e quella occidentale-latino-cattolica, in rottura o in autonomia fino ad oggi in seguito allo scisma del 1054. A Grottaferrata si potrebbero aggiungere Rossano e Gaeta quali luoghi dell’Ecumenismo, artefici attivi nel promuovere iniziative qualificate per individuare principi, valori e strategie al fine di avvicinare, ancora di più e meglio, le posizioni del Cattolicesimo e quelle dell’Ortodossia in vista dell’auspicabile ricostituzione dell’unità fra i Cristianesimi.
Nilo è l’uomo della testimonianza-simbolo del migrante calabrese o meridionale, che, per costrizione del bisogno o per pulsione o per libera scelta di éxodos (“? ?ξοδος ”), va altrove, va oltre, oltre ogni confine, alla ricerca di nuove opportunità e condizioni di vita, accettando - con coraggio - la sfida della novità e fiero di portare nel bagaglio la sua identità operativa, la sua Calabresità, la sua Meridionalità, la sua Mediterraneità. S. Nilo è, dunque, la personificazione del Calabrese/Meridionale migrante e/o pellegrino della Verità: un simbolo, una metafora che ha saputo cogliere il più grande scultore del ‘900, Pericle Fazzini, in un pregevole bozzetto, che l’Amministrazione comunale ha voluto realizzare, con i fondi dell’Area Urbana Rossano-Corigliano (nel 2010-11, quando lo scrivente era Sindaco della città), nella fontana di Piazza Steri a Rossano, nella quale Nilo l’emigrante, pellegrino della Verità, s’incammina da Rossano per Grottaferrata, portando con sé e nel mondo la Civiltà greco-bizantino-mediterranea e quella dell’olio (rappresentate dall’Oratorio del S. Marco e dall’ulivo secolare).
Nilo è l’uomo della testimonianza di un “exemplum”, di un modello di riferimento, valido mille anni fa e ancora attuale: è il modello del coraggio della scelta del “pensiero forte” solidale e tollerante, dei principi e dei valori forti; è il modello della fedeltà a quella scelta del pensiero forte, dei principi e valori forti; è altresì il modello della coerenza comportamentale tra ciò che si pensa, ciò che si dice, ciò che si fa.
Un “exemplum” universale ed eterno che caratterizza tante persone e tanti cittadini onesti e operosi rimasti nella loro terra, non sempre apprezzati e difesi, non sempre gratificati nella propria città e nella propria terra (“nemo profeta in patria”), ma paghi di aver fatto la propria parte e il proprio dovere, di avere lasciato tracce di sé e di avere contribuito a costruire un mondo migliore per quelli che verranno. Di queste persone-cittadini esemplari – oggi, qui ed ora – la società e i giovani hanno bisogno, per non perdere, anzi per consolidare la fiducia e la speranza nel futuro.
Auspico che i miei Concittadini di Rossano-Corigliano (chiamati a vivere e operare insieme nel futuro), dell’Arcidiocesi di Rossano-Cariati e della Calabria del Nord-Est facciano memoria del “più illustre figlio” di questa terra, memoria operativa, in questo momento storico molto difficile, in cui questo Comprensorio è oggetto continuo di ingiustificabili e ciniche spoliazioni e rapine (sanità, ospedali, tribunale, treni, uffici pubblici; e, in cambio, hanno lasciato disoccupazione, fuga dei giovani e dei cervelli, rifiuti, la famigerata SS. 106, le pericolosissime trivellazioni, la ‘ndrangheta), non è rappresentato da nessuno e a nessun livello, è sfiduciato e rassegnato, e perciò ha bisogno - un bisogno vitale e urgente - di recuperare la propria unità-identità di appartenenza e di territorio, la fierezza propria dei Calabresi, la capacità di resistenza e di reattività, il coraggio di accettare la sfida delle novità per una nuova riaggreggazione del territorio, perché non muoia la speranza e si alimenti la fede-convinzione-certezza che ce la possiamo fare…se ci crediamo e ci adoperiamo.
di Redazione | 26/09/2018
Cosenza, 26/09/2018
di Redazione
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